Pandas: la luce dopo il buio. Il racconto di una mamma di un piccolo paziente - Stampa Locale web e cartacea

10 Settembre 2017

Madri, padri, familiari di persone affette dalla sindrome PANDAS, affrontano quotidianamente il disagio, la vergogna, l'umiliazione, il dolore di sentirsi incompresi, isolati e costretti a brancolare soli nel buio, alla ricerca di qualcuno in grado di aiutarli nell'universo sconosciuto e temuto dei diversi sintomi, atteggiamenti e comportamenti di cui sono vittime i loro figli.

Io come loro, vivo in questo “universo”, e desidero, attraverso la mia esperienza, far conoscere, a chi considera tale malattia immutabile e da sedare solo con psicofarmaci, che in realtà si può e si deve affrontare, trattare e quindi guarire. La Pandas è spesso considerata come la cugina dell'autismo, ma essendo riconoscibile un meccanismo infettivo alla sua base, si può combattere con diversi approcci terapeutici, ma più che i mezzi farmacologici ciò che fa la differenza sono i medici competenti che abbiano costantemente voglia di rinventarsi, di aggiornarsi e di essere fedeli al giuramento di Ippocrate. Sulla mia lunga strada in compagnia di mio figlio e di questa patologia, ho imboccato tanti tunnel oscuri senza via d'uscita, raccogliendo certificazioni inutili e dannose, in cui non ho mai riconosciuto mio figlio come persona degna di essere curata e liberata dai numerosi problemi che questa malattia crea a livello personale, familiare e sociale. Sentirsi emarginati, additati come malati mentali, costituisce per i soggetti affetti dalla sindrome Pandas, il primo vero ostacolo sulla via della guarigione. Questa malattia, non ancora chiaramente riconosciuta dalla medicina ufficiale, sottrae qualsiasi aiuto alle famiglie, costrette spesso ad adattarsi a situazioni di vita poco vantaggiose per i malati stessi. Anch'io come madre di Alessio, sin dai primi anni di vita mi sono resa conto che nonostante fosse un bambino normale, alcuni suoi atteggiamenti apparivano "strani" e allora ho iniziato a rivolgermi a diverse strutture, con inizio di un lungo percorso che si terminava nella sola assunzione di psicofarmaci. Una Madre però, non può fermarsi davanti a nessun ostacolo che gli si pone davanti, pur di salvare il proprio figlio: mi sono documentata giorno e notte per iniziare a comprendere chi fosse realmente Alessio. Leggendo testimonianze di altre madri sfortunate, ho scoperto la Pandas e in essa ho riconosciuto mio figlio. Ho chiamato il Sa n Matteo di Pavia, dove sapevo che questa malattia era trattata e da lì grazie al Prof. Savasta, finalmente veniva posta la diagnosi di PANDAS. Ormai però, dopo tanti anni e diversi approccio terapeutici, a 14 anni Alessio poteva sperare solo nelle gammaglobuline; somministrazione che però risultava difficoltosa da effettuare nei centri a noi vicini; da qui l’evento inatteso, ad arrivare in nostro aiuto sono apparsi inaspettatamente come Angeli, il Dott. Raiola. il Prof Miniero, la Dr.ssa Talarico e la Dr.ssa Cirillo. Quest’ultima, già da tempo si è interessata di questa problematica, portando all’attenzione dell’opinione medica e non solo, l’importanza di diagnosticare e quindi trattare questa patologia, spesso “bistrattata”.  Contattati, sentendo la mia storia, hanno fatto tutto il possibile per sostenermi e permettermi di cominciare a curare mio figlio. Cosi abbiamo iniziato questa nuova strada, siamo stati accolti presso Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, e grazie alla collaborazione tra la Pediatria Aziendale e quella Universitaria, abbiamo iniziato questo nuovo percorso, con somministrazione di gammaglobuline. I risultati sorprendenti non sono tardati a presentarsi, con acquisizione di quelle piccole cose, che magari appaiono banali per la moltitudine, ma per noi sono reali conquiste, come poter uscire per più di un’ora, sorridere, guardare con fiducia al futuro.

Durante la nostra degenza abbiamo incontrato un personale medico e infermieristico qualificato umano e disponibile, ci siamo sentiti come in una famiglia e ci siamo affidati completamente a loro. Dopo tanti, tantissimi rifiuti e passi nel buio, finalmente intravediamo la luce e forse, la fine di un incubo, troppe volte vissuto in solitudine. Per tutto ciò, i miei più sentiti e infiniti ringraziamenti a tutti i medici che ho incontrato nella mia esperienza diretti dal dr. Raiola e dal Prof. Miniero, e tutto il personale infermieristico, coordinato dalla Sig.ra Santoro e Sig.ra Marrazzo.

Infinitamente grazie..per la speranza che ci avete ridonato!

 

 

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